12|15 Non credettero né a Giovanni né a Gesù
12|15 Non credettero né a Giovanni né a Gesù
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mt 11,16-19) - In quel tempo, disse Gesù alla gente: «Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, o cantato un lamento e non avete pianto». È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: «Ha un demonio». È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: «Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori». Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Gesù parla della generazione sua e del Battista. È un invito a considerare anche noi la nostra generazione. Stiamo vivendo – come ama dire papa Francesco – un cambiamento d’epoca: quella passata è terminata e quella futura non appare ancora. La globalizzazione che ci ha colti nel passaggio di millennio è stata solo del mercato, ma non della fraternità tra i popoli. Potremmo applicare a questo momento storico la brevissima parabola che Gesù racconta in questo brano evangelico. Nella sua brevità c’è il descrivere il rimprovero per ciò che è mancato nella piazza: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!». Cosa vuol dire Gesù? Credo che possiamo vedervi la condanna di quei dibattiti tutti interni – l’esempio in questo caso è tra chi vuole giocare al funerale e chi alle nozze – che di fatto bloccano tutto. La piazza rimane vuota. In effetti, quanti dibattiti inutili anche nelle comunità cristiane! Gesù vuole scuoterci per l’urgenza della missione. Bisogna togliere ogni indugio: c’è l’urgenza di comunicare il Vangelo nella piazza di questa generazione. Gesù rivela quindi il “gioco” che deve essere attuato. Ed è quello che riguarda l’accusa verso Gesù, ossia la sua predilezione per la gioia e la felicità della gente e assieme la sua amicizia con i pubblicani e i peccatori. Questa accusa per Gesù è, invece, la vera sapienza: «Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie». Il rimprovero che gli viene fatto di essere un mangione e un beone, oltre che amico dei pubblicani e dei peccatori, in verità, descrive perfettamente la sua missione. Emerge ancora una volta quel primato dell’amore per i poveri che caratterizza l’amore stesso di Dio.