XXX del tempo ordinario
XXX del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura Sir 35,15b-17.20-22a | E non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c'è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell'oppresso. Non trascura la supplica dell'orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l'equità. Il Signore certo non tarderà né si mostrerà paziente verso di loro, finché non abbia spezzato le reni agli spietati.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 33(34)

R. Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.
 
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce. R.
 
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.


Seconda Lettura 2Tm 4,6-8.16-18 | Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.


Vangelo Lc 18,9-14 | Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Sir 35,15b-17.20-22a; Sal 34 (33); 2Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14 | L’evangelista Luca riporta la parabola del fariseo e del pubblicano specificandone il motivo. Gesù l’ha pronunciata: “per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri”. E’ un’abitudine di Gesù parlare in parabole: attraverso scene della vita ben comprendibili vuole coinvolgere direttamente gli ascoltatori. E’ un modo efficace per aiutare anche noi non solo a capire ma a vivere nel suo Regno. E’ facile che Luca avesse presenti atteggiamenti simili a quelli della parabola all’interno della prima comunità cristiana: credersi migliori degli altri e di conseguenza disprezzarli. Gesù già in Matteo Gesù metteva in guardia: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, e non scorgi la trave che è nel tuo occhio?”(Mt 7,3). Luca insiste: chi vanta se stesso facilmente è impietoso con gli altri. La parabola più che un insegnamento sulla preghiera è sull’agire di Dio: sordo agli orgogliosi e misericordioso per i peccatori. Ne consegue anche un insegnamento su come stare davanti a Dio oltre che davanti agli uomini.

Quel fariseo, entrato nel tempio va diritto all’altare e lì, ritto in piedi, ringrazia Dio per la vita buo­na che conduce. Si compiace di non essere ladro e adultero; si vanta del digiuno bisettimanale e delle generose offerte che fa. E conclude soddisfatto che non tutti si comportano come lui. Come, ad esempio, quel pubblicano che sta in fondo, a distanza, e senza neppure osare di alzare gli occhi al cielo si batte il petto per le sue colpe che non c’è bisogno di elencare. Ma ecco che Gesù rovescia la scena della parabola. Ha fatto la stessa cosa in quella di Lazzaro, del ricco epulone e del figliol prodigo. Gesù apre nuove visioni dell’esistenza, nuove prospettive di vita, di comportamenti. E la realtà, la storia, si capovolge. In questa parabola il pubblicano che riconosce i suoi peccati viene giustificato – senza peraltro fare penitenze particolari -, mentre il fariseo pieno di sé, resta con se stesso, con il proprio “io”, ma non giustificato. L’io non giustifica. L’autosufficienza non solo impedisce di uscire da se stessi, rende impossibile anche l’ingresso degli altri. Quel fariseo è chiuso: sen­za pietà sia davanti a Dio sia a quel pubblicano. L’evangelista nota che “pregava tra sé”, come a dire che il suo cuore è chiuso, che la sua preghiera è bloccata all’interno della bolla dell’io. Si racconta, non prega. Al contrario, il pubblicano nella sua umiltà e pochezza sta lontano a mani vuote e chiedere misericordia. La sua preghiera è breve, non ha bisogno di lodarsi. Sente solo il bisogno di perdono: “O Dio, abbi pietà di me che sono peccatore”. Una preghiera semplice e breve. Ma traversa il cielo e giunge sino a Dio, come ci ricorda il Siracide: «La preghiera dell'umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta” (35,17). Il credente è l’umile che tende la mano al Signore. L’umiltà, potremmo dire, non è semplicemente una virtù, è il modo di porsi davanti a Dio e agli uomini: mendicare amore e salvezza. Confidando nel paradosso che il Vangelo ci suggerisce: «Chi si esal­ta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (v. 14). È una grande verità e una gran­de saggezza: essere umili cercatori di pace senza stancarsi mai perché, come dice il salmista: “Gridano e il Signore li ascolta”(Sl 33,18). E così sia.