Lettura 2Cor 4,7-15 | Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l'inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
2 Corinzi 4,7-15 | Paolo, che non ha esitato a esaltare il ministero apostolico che ha il compito di comunicare al mondo il mistero di Cristo, è consapevole della sua e della nostra debolezza. Per questo afferma: «Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta». Gesù ha affidato il suo Vangelo nelle povere mani dei discepoli, della sua povera comunità. Il contrasto tra la ricchezza del Vangelo e la povertà dei discepoli, mostra con estrema chiarezza che l’autorevolezza e la stessa forza del ministero non viene dagli uomini, dalla loro forza, dalla loro abilità, dalle loro strategie, ma da Dio. L’apostolo rilegge sotto questa luce anche la sua stessa vita. E comprende che nonostante le tribolazioni, le minacce, i pericoli, le difficoltà, mai tuttavia è stato abbandonato da Dio. Anzi, proprio nella debolezza della sua vita si è manifestata «la vita stessa di Gesù». Nella persecuzione e nell’abbandono, Paolo si vede simile a Gesù, che «ben conosce il patire». È la fede che rende il discepolo forte anche nelle opposizioni e nelle avversità. Per questo Paolo non si ritrae di fronte alle difficoltà e ai pericoli. E non cessa di proclamare il Vangelo a tutti: «Ho creduto, perciò ho parlato». Noi, discepoli del Signore, rivestiti della forza della fede, siamo chiamati a comunicare a tutti il Signore Gesù attraverso la nostra vita: in essa – nella povera nostra vita – deve tuttavia risplendere quella stessa di Gesù. Di qui la responsabilità di non ostacolare la Parola di Dio perché giunga sino ai cuori degli uomini. L’apostolo esorta a non perdersi d’animo, a non scoraggiarci davanti alla debolezza e al male che colpisce la nostra vita e quella del mondo. Se da una parte sperimentiamo l’indebolimento del corpo, dall’altra dobbiamo adoperarci perché l’uomo “interiore”, quello spirituale, si rinnovi di giorno in giorno. Le sofferenze di oggi, particolarmente quelle che ci assalgono a causa del Vangelo, non hanno confronto con la gloria che dovrà manifestarsi in noi (cfr. Rm 8,18).
Salmo Responsoriale
Vangelo Mt 5,27-32 | Avete inteso che fu detto: "Non commetterai adulterio". Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio". Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.