V di Pasqua
V di Pasqua
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura At 14,21b-27 | Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede, "perché - dicevano - dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni". Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.

Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l'opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 144 (145)

R. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
Oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
 
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
 
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R.


Seconda Lettura Ap 21,1-5a | E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:

"Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate".

E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere".


Vangelo Gv 13,31-33a.34-35 | Quando fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

At 14,21b-27; Sal 145 (144); Ap 21,1-5a; Gv 13,31-33a.34-35 | Il vangelo ci riporta le prime frasi del discorso di Gesù agli apostoli nel cenacolo. L’evangelista Giovanni ha appena narrato la lavanda dei piedi e l’annuncio del tradimento di Giuda con la narrazione che si chiude amaramente: “Giuda, preso il boccone, subito uscì”(v.30). E, “quando fu uscito”, continua l’evangelista, Gesù iniziò a parlare, come a segnare uno spartiacque: quando si esce dal cenacolo, quando si esce da Gesù, inizia l’ora delle tenebre, Satana prende possesso del cuore. “Ed era notte”, nota l’evangelista. Diversa è l’ora di Gesù, diverso il suo modo di misurare il tempo. Inizia dicendo: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”. Era l’ora della sua morte, l’attendeva fin dall’inizio, da Cana. Era l’ora della salvezza attraverso la morte di Gesù. Per questo nel Vangelo di Giovanni si sottolinea la scelta di Gesù e la glorificazione che avviene attraverso la croce. Lo dirà più chiaramente verso la fine quando il discorso si trasforma in preghiera: “Io – dice Gesù al Padre - ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l’opera che tu mi hai dato da compiere. E ora, glorificami tu, Padre, presso di te, con la gloria che presso di te avevo prima che il mondo fosse”(17, 4-5).

Ora si rivolge ai discepoli per introdurli nel mistero della sua glorificazione, nel mistero della Pasqua. E’ a loro che sta per affidare il suo Vangelo. Li guarda con tenerezza: “Figlioli, ancora per poco sono con voi” (Gv13,33). E’ l’unica volta che li chiama così. Li sta per lasciare definitivamente e c’è una dimensione unica in quel rapporto che segna anche la nostra fede fondata sulla loro testimonianza. Si turbano nel sentire che sta per lasciarli. Magari anche solo per un attimo ripensano ai tre anni passati con lui: quanto è cambiata la loro vita! E quanto anche quella di tanta altra gente, soprattutto dei malati, dei poveri, dei peccatori! Tutto questo stava forse per finire? Gesù comprende il loro smarrimento tanto che aggiunge: “Voi mi cercherete… ma dove vado io voi non potete venire”. Gesù sa che quei discepoli, nonostante la loro fragilità e la loro debolezza, lo cercheranno per rivederlo, per riascoltarlo, per continuare a stare con lui. E in questo, quegli Undici, sono un esempio per noi, care sorelle e cari fratelli, che tanto spesso dimentichiamo di cercare Gesù, di ascoltare le sue parole e di metterle in pratica. C’è una dimensione affettiva, relazionale, della fede in Gesù, ch’è parte anche della nostra. La fede è incontrarsi, amarsi, vivere assieme il mistero della Pasqua.

Gesù stesso lo esplicita con il comandamento dell’amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; che, come io vi ho amato, così voi vi amiate gli uni gli altri”. Gesù va oltre il comando presente nel Levitico: “amerai il prossimo tuo come te stesso”(19,18). La misura dell’amore non è quella che parte da noi, ma l’amore stesso con cui Gesù ci ama. Questo comandamento è nuovo, nel senso di ultimo, definitivo, valido per sempre. Di questo amore siamo analfabeti, da noi stessi. Il mondo è un deserto di amore. E’ Gesù che ce lo insegna e celo dona. La misura del suo amore Gesù ce lo dice il Vangelo: “Egli, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, sin sulla croce. I discepoli non compresero in quel momento. Subito dopo lo abbandonano. Dopo la Pasqua compresero bene quel che Gesù già in quel momento dice loro: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. L’amore di Gesù ci trasfigura, ci rende capaci di consolare chi è nella tristezza, di guarire chi è malato, di sostenere chi è povero, di accogliere chi è rifiutato, di parlare di pace negli inferni delle guerre. E’ un amore che attrae; per questo non cambia solo noi stessi, cambia anche il mondo. Tertulliano, un antico sapiente cristiano, lo notava: “E’ stato soprattutto la pratica dell’amore ad imprimere quasi un marchio di fuoco agli occhi dei pagani: “vedete come si amano” dicono (mentre essi si odiano tra loro) “e come sono pronti a dare la vita l’uno per l’altro” (mentre essi preferiscono uccidersi tra loro)”. Sorelle e fratelli, il comandamento nuovo è il tesoro che il Signore ci ha confidato. Oggi più che mai siamo chiamati a viverlo e a testimoniarlo. Il Signore lo ha donato al cuore della comunità. Facciamolo nostro sempre più perché si affretti il cammino della pace e cresca la fraternità tra i popoli.