XVIII del tempo ordinario
XVIII del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura Qo 1,2.2,21-23 | Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità.
Perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all'uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole?
Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!


Salmo Responsoriale

Dal Sal 89(90)

R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
 
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. R.
 
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
 
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. R.


Seconda Lettura Col 3,1-5.9-11 | Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio;
Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!
Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria;
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell'uomo vecchio con le sue azioni
e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.


Vangelo Lc 12,13-21 |

Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".
Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".
E disse loro: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede".
Poi disse loro una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.
Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?
Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!".
Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?".
Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio.


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Qo 1,2.2,21-23; Sal 90 (89); Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21 | Il Vangelo di questa domenica si apre con la domanda di due fratelli che chiedono a Gesù di intervenire per una questione di eredità. In effetti quanti parenti, di fronte ai testamenti, si guardano con ostilità, pronti a prevaricare l’uno sull’altro per accaparrarsi la parte migliore! Gesù rifiuta di intervenire a questo livello. Non è maestro di spartizioni, ma di umanità. Per quei due fratelli il vero problema non è nelle cose, ma nei loro cuori pieni di cupidigia. Rivolgendosi a tutti, Gesù dice: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Gesù non vuole disprezzare i beni della terra; sa bene quanto sono utili. Ma chi poggia la ricerca della felicità solo su di essi investe falsamente.

La parabola che segue ne è l’illustrazione. Il protagonista è un ricco proprietario al quale gli affari sono andati benissimo. Deve persino costruire altri fabbricati per mettervi l’ingente raccolto. Il problema non è nella produzione della ricchezza, ovviamente, ma nel comportamento del proprietario. Per lui l’accumulo dei beni per sé – e al massimo per la sua famiglia – equivale alla tranquillità e alla felicità. Ma c’è una stoltezza nei suoi calcoli; ha fatto tutti i conti, ma ha omesso quello più importante, la scelta dell’ora della morte. Ha pensato ai suoi giorni, ma non all’ultimo. E tutti sappiamo bene che con la morte non ci porteremo nulla dietro, se non l’amore e il bene che abbiamo fatto. Dice l’apostolo Paolo, nella Lettera ai Colossesi: «Rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra». Le cose di lassù non sono quelle astratte, sono l’amore e le opere buone che facciamo su questa terra. Queste sono le vere ricchezze che non saranno né consumate né toccate. I beni della terra possono essere utili per il cielo se sono sottomessi all’amore e alla compassione. Se i nostri beni sono messi a disposizione dei poveri e dei deboli, essi diventeranno ricchezza vera per il cielo. Si potrebbe dire che dare i beni ai poveri significa metterli in banca al massimo interesse. Chi accumula non solo per sé arricchisce davanti a Dio, dice Gesù. Nel nostro mondo, ove accumulare per sé sembra divenuta l’unica vera regola di vita, questo Vangelo suona di scandalo. In verità è la via più saggia per superare divisioni e scontri, e per costruire una vita più solidale e più felice.