Ambizioni personali e idolatria affievoliscono il rapporto con Dio
Ambizioni personali e idolatria affievoliscono il rapporto con Dio
M Mons. Vincenzo Paglia
00:00
00:03

Lettura Gdc 9,6-15 | Tutti i signori di Sichem e tutta Bet-Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimèlec, presso la Quercia della Stele, che si trova a Sichem. Ma Iotam, informato della cosa, andò a porsi sulla sommità del monte Garizìm e, alzando la voce, gridò: "Ascoltatemi, signori di Sichem, e Dio ascolterà voi! Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi. Dissero all'ulivo: "Regna su di noi". Rispose loro l'ulivo: "Rinuncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?". Dissero gli alberi al fico: "Vieni tu, regna su di noi". Rispose loro il fico: "Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò a librarmi sugli alberi?". Dissero gli alberi alla vite: "Vieni tu, regna su di noi". Rispose loro la vite: "Rinuncerò al mio mosto, che allieta dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?". Dissero tutti gli alberi al rovo: "Vieni tu, regna su di noi". Rispose il rovo agli alberi: "Se davvero mi ungete re su di voi, venite, rifugiatevi alla mia ombra; se no, esca un fuoco dal rovo e divori i cedri del Libano".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Giudici 9,6-15 | Questo periodo della storia di Israele è molto confuso. Le ambizioni personali e l’idolatria si erano impadronite del popolo e ne avevano indebolito la forza. Abimèlech, figlio di Ierub-Baal, che si era proclamato re senza essere stato chiamato da Dio, mostrava la perversione a cui si era giunti. Abimèlech uccise i suoi stessi fratelli, non perché avevano tradito Dio, bensì per affermare il suo potere. Iotam, il più piccolo dei figli di Gedeone, che si era salvato dalla strage, si mise a gridare contro Abimèlech. Le sue parole rappresentano la voce profetica che condanna Abimèlech ma anche coloro che lo avevano eletto e annuncia che la punizione sarebbe presto arrivata. L’apologo di Iotam riportato nel testo parla di tre alberi: l’ulivo, il fico e la vite, le tre piante più comuni della regione. La morale dell’apologo è che sarebbe un danno se queste tre piante dai frutti buoni e preziosi diventassero re. Sarebbero del tutto fuori luogo. Si agiterebbero, mostrando velleità e insipienza. E quando infine un pruno, che non ha nessuna intelligenza, invece accetta la carica di re, allora diventa chiaro quanto può essere pericoloso. E comunque non servirebbe a nulla; il suo ordine di andare a ripararsi alla sua ombra è un’amara ironia. Al contrario, il fuoco che si appicca facilmente al pruno secco e divampa rapidamente potrebbe significare un pericolo anche per l’albero più maestoso di tutto l’Oriente: il cedro del Libano. La violenza produce sempre violenza. E chi ne fa uso ne diventa vittima.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 20 (21)

R. Signore, il re gioisce della tua potenza!

Signore, il re gioisce della tua potenza!
Quanto esulta per la tua vittoria!
Hai esaudito il desiderio del suo cuore,
non hai respinto la richiesta delle sue labbra. R.

Gli vieni incontro con larghe benedizioni,
gli poni sul capo una corona di oro puro.
Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa,
lunghi giorni in eterno, per sempre. R.

Grande è la sua gloria per la tua vittoria,
lo ricopri di maestà e di onore,
poiché gli accordi benedizioni per sempre,
lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto. R.


Vangelo Mt 20,1-16 | Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.