XVI del tempo ordinario
XVI del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura Gen 18,1-10a | Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: "Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' d'acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fa' pure come hai detto". Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce". All'armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?". Rispose: "È là nella tenda". Riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda, dietro di lui.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 14(15)

R. Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua. R.
 
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore. R.
 
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre. R.


Seconda Lettura Col 1,24-28 | Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.


Vangelo Lc 10,38-42 | Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Ma il Signore le rispose: "Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Gen 18,1-10a; Sal 15 (14); Col 1,24-28; Lc 10,38-42 | Il Vangelo ci porta con Gesù a Betania nella casa di Marta e Maria. Sappiamo anche dal Vangelo di Giovanni che era un luogo caro a Gesù: vi sostava spesso, soprattutto quando si indurirono le dispute con i farisei e cresceva l'ostilità verso di lui. L'amicizia, l’accoglienza di quella famiglia lo aiutava, lo sosteneva. Così dovrebbe essere per tutte le case, per tutte le comunità dei discepo­li di Gesù, una indicazione preziosa anche per i nostri giorni, mentre vediamo crescere, vicino e lontano, diffidenze e respingimenti, conflitti e guerre così numerosi da dimenticarne la gran parte. La casa di Betania ci ricorda l’urgenza dell’accoglienza e dell’incontro. Una dimensione che affonda le radici anche nella Bibbia: basti pensare a quanto è avvenuto a Mamre, la cui vicenda la Liturgia di oggi accosta a quella evangelica.

Era l’ora più calda quel giorno a Mamre. Abramo al vedere i tre pellegrini corre loro incontro, si prostra fino a terra, e poi li accoglie per il pranzo. Quale distanza rispetto all’ostilità con cui oggi vengono fermati gli stranieri che traversano anch’essi il deserto o il mare bruciati dal sole per fuggire dalla guerra, dalla fame o dall’ingiustizia! E non incontrano né Abramo né i figli di Abramo che in fretta vanno loro incontro e preparano una mensa per accoglierli. Se c’è una fretta, è quella di sbarrare loro la strada, il prima possibile, sino ad ucciderli. La santa liturgia ci ricorda l’urgenza in questo tempo di tende di Abramo.

Il Vangelo spinge i discepoli a comprendere ancor più lo stile e il senso dell’accoglienza e dell’incontro. L’evangelista Luca – l’unico che riporta questo episodio - suggerisce che sia stata Marta ad accogliere in casa: “una donna di nome Marta lo ospitò”. Ed è lei che si impegna a preparare la tavola, anche in fretta. C’era anche sua sorella, Maria, in casa, continua l’evangelista, “la quale, seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola”. Marta si lascia travolgere dai preparativi per la tavola, e ad un certo punto -, il testo sottolinea la sua agitazione fino all’affanno – Marta si indispettisce, non dice nulla alla sorella ma si rivolge a Gesù sino ad incolparlo perché non dice a Maria di aiutarla a servire: «Signore, non t’importa che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?» (v. 41). Povera Marta, aveva accolto Gesù, e aveva fatto bene, ma poi si è lasciata travolgere da se stessa sino a sentirsi abbandonata dalla sorella ed anche da Gesù. E, con affetto, viene corretta dal Maestro: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose. Ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno”. Gesù non condanna Marta per il suo attivismo, vuole invece farle comprendere il primato dell’ascolto della Parola di Dio. Tanto più che il gesto che Maria stava compiendo, era inconcepibile per l’epoca: le donne erano escluse dalla lettura della Torah. E l’evangelista sa bene che con questa scena propone un insegnamento innovativo: Maria, una donna, entra come discepola allo stesso modo degli apostoli. Ella mostra qual è l’identità del discepolo di Gesù. E’ una scenda da contemplare, da preservare, non da dissolvere per altri impegni. Il discepolo è colui che ascolto. Per questo Paolo potrà dire poi che la fede viene dall’ascolto. Ascoltare la Parola di Dio è la prima opera del discepolo, la sua prima postura: stare appunto ai piedi del Maestro e ascoltarlo senza perdere nessuna delle parole che escono dalla sua bocca. A Marta, che rischia di offuscare questo primato, Gesù le ricorda qual è la cosa essenziale: “di una cosa sola c’è bisogno”. Ed è irrinunciabile: l’ascolto. Maria l’ha scelto, non dice nulla, non fa nulla, sceglie la postura del discepolo. Gesù ci ripete: è la parte migliore, quella dell’ascolto, della preghiera che sta alla radice della vita cristiana, sia comunitaria che personale. Può venire il tempo in cui può essere difficile il fare, l’agire, il servire. Non può mai terminare l’ascolto. E’ all’ascolto che Gesù lega la vita eterna, come disse nel lungo discorso del capitolo 5 di Giovanni: “chi ascolta la mia parola…ha la vita eterna…ed è passato dalla morte alla vita”(Gv 5,24).