L’arresto di Stefano
L’arresto di Stefano
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura At 6,8-15 | Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell'Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: "Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio". E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: "Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato". E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Atti 6,8-15 | Stefano era il primo dei sette diaconi scelti tra gli ebrei ellenisti. Subito si fece notare per la sua forte testimonianza: «Faceva grandi prodigi e segni tra il popolo», scrivono gli Atti. E nei dibattiti nessuno poteva «resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava». Ben due capitoli degli Atti narrano la sua vicenda. Era, evidentemente, una figura esemplare nella prima comunità. Ed è bene sottolineare che il «servizio alla mensa» a cui erano destinati i sette diaconi non si limitava solo a questo. Ogni credente, infatti, deve servire le due mense, quella dei poveri e quella della Parola. Non ci sono specializzazioni esclusive, ad alcuni la predicazione e ad altri la carità. Ogni cristiano deve fare ambedue. Ed è importante notare che l’azione di Stefano si svolgeva «in mezzo al popolo»; non era un servizio burocratico, bensì un coinvolgimento nella vita quotidiana della comunità cristiana. Anche i membri del sinedrio restavano stupiti dall’azione missionaria di Stefano: «Tutti quelli che sedevano nel sinedrio… videro il suo volto come quello di un angelo». Potremmo dire che in quell’assise così importante Stefano richiamava Mosè, il cui ministero fu circondato da tale splendore che i figli di Israele non potevano fissare il suo volto per la luce che emanava (Es 34,29ss.). Stefano, come Mosè, era davvero un testimone dell’amore di Dio, appunto un angelo inviato dal Signore. Così dovrebbe essere ogni discepolo. A imitazione del Maestro, anche Stefano subisce prima l’arresto e poi il giudizio davanti al sinedrio. E nel processo viene condannato con false accuse. La vicenda dei discepoli ripercorre sempre quella del Maestro. E Stefano, in questo difficile momento della sua vita, è sostenuto dalla forza e dallo Spirito del Signore che non abbandona nessuno, soprattutto nel momento della prova.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 118(119)

R. Beato chi cammina nella legge del Signore.
oppure:
R. Alleluia, alleluia, alleluia.

Anche se i potenti siedono e mi calunniano,
il tuo servo medita i tuoi decreti.
I tuoi insegnamenti sono la mia delizia:
sono essi i miei consiglieri. R.

Ti ho manifestato le mie vie e tu mi hai risposto;
insegnami i tuoi decreti.
Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò le tue meraviglie. R.

Tieni lontana da me la via della menzogna,
donami la grazia della tua legge.
Ho scelto la via della fedeltà,
mi sono proposto i tuoi giudizi. R.


Vangelo Gv 6,22-29 | Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?". Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?". Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato".