Lettura Eb 13,1-8 | L'amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: "Non ti lascerò e non ti abbandonerò". Così possiamo dire con fiducia: "Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. Che cosa può farmi l'uomo?". Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l'esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Matteo 11,25-30 | Ricordiamo oggi l’anniversario della Comunità di Sant’Egidio. Sono passati esattamente cinquantasette anni dal suo inizio. La prima parola che sale dalle nostre labbra al Signore in questo giorno è quella del ringraziamento per il prezioso dono che lo Spirito Santo ha fatto alla Chiesa e al mondo. Il brano evangelico ci suggerisce che è Gesù stesso a “benedire” il Padre perché il Vangelo è stato ancora una volta «rivelato ai piccoli». La Comunità, nata per l’iniziativa di un giovane liceale, Andrea Riccardi, era composta da “piccoli” non solo perché giovani studenti, ma soprattutto perché nell’intuizione originaria c’era la coscienza di essere anzitutto “figli” del Vangelo, appunto, parte di quei “piccoli” ai quali è stato rivelato il mistero di Dio. Nel cuore di Sant’Egidio resta sempre salda un’intuizione semplice e basilare: vivere il Vangelo, senza aggiunte. Dall’ascolto continuo del Vangelo nasce e continuamente rinasce la comunità. La storia delle comunità che da Sant’Egidio prendono il nome è in-fatti una storia di preghiera, una storia di ascolto, una storia di amicizia con Dio, con i fratelli e con i poveri. È da questa amicizia che sgorga ogni azione della Comunità. Quel grazie di Gesù è oggi il grazie di tutti noi: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». E proprio attraverso i “piccoli” il Vangelo si è diffuso, per quel che riguarda la vita della Comunità, da Roma al mondo intero, unendo sempre la preghiera e l’amore per i poveri. In ogni luogo la Comunità cerca di vivere la globalizzazione dell’amore che abbatte confini e divisioni e crea il grande popolo dei poveri e degli umili, alleati nell’aiutarsi a vicenda a seguire il Signore. Nella storia della Comunità si sperimenta la bellezza e la forza della parola del Signore Gesù che dice: «Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero». Quel che poteva sembrare peso e fatica è divenuto esperienza di dolcezza e di gioia. È un cristianesimo felice in un tempo denso di sfide e di impegni, ma la certezza della soavità dell’aiuto del Signore ci sostiene per vivere con fiducia e con amore nella via del Vangelo.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 26(27)
R. Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R.
Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me si scatena una guerra,
anche allora ho fiducia. R.
Nella sua dimora mi offre riparo
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua tenda,
sopra una roccia m'innalza. R.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi. R.
Vangelo Mc 6,14-29 | Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi". Altri invece dicevano: "È Elia". Altri ancora dicevano: "È un profeta, come uno dei profeti". Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!". Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello". Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". E le giurò più volte: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno". Ella uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: "Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista". Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.