L’alito di vita
L’alito di vita
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura Gen 2,4b-9.15-17 | Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c'era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d'acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Genesi 2,4b-9.15-17 | La Genesi racconta una seconda volta la creazione, quasi a voler ribadire il legame originario dell’uomo e del creato con Dio. L’autore sacro non intende proporre una verità scientifica sulle origini della specie umana o del mondo, quanto affermare che la vita umana è santa perché è opera di Dio e a lui appartiene. L’uomo, ogni uomo, è chiamato a onorarla, a rispettarla, a difenderla e farla fruttare, non certo a viverla solo per se stessi, che equivarrebbe a nasconderla sotto terra. Certo, solo Dio è il Signore della vita umana, ma l’ha data all’uomo perché la faccia fruttificare per tutti. L’autore sacro vuole porre al centro del racconto la preoccupazione di Dio per l’uomo: lo plasma dalla terra, soffia in lui la vita e lo pone nel giardino. La vita viene da Dio, come indica il “soffio” che Dio alita. E’ dono di Dio. Nessuno si dà la vita da se stesso. E Dio quindi affida all’uomo il compito di coltivare il giardino e custodirlo in tutta la sua bellezza. Quanto è prezioso e preveggente questo compito che Dio affida all’essere umano! L’essere umano (ossia l’uomo e la donna assieme) hanno il compito di “coltivare” il creato. Il verbo ebraico indica “servire”, ma anche “lavorare”. L’essere umano è chiamato al servizio di quel giardino, che è la terra, l’universo in cui Dio lo ha posto. Di esso l’umanità intera deve prendersi cura, perché produca frutti a beneficio di tutti. Deve poi “custodire” la terra: non siamo padroni della creazione per piegarla alle nostre voglie. Ne siamo invece signori per esaltarla. Il compito dell’uomo pertanto non è possedere la terra per sé, ma appunto “custodirla” perché sia una casa per tutti. Quel giardino si colloca anche nella prospettiva della terra promessa, che Dio darà in dono al suo popolo. Solo se Israele «la servirà e custodirà» essa continuerà a esprimere il dono di Dio, altrimenti rischierà di perderla, come avverrà nell’esilio a Babilonia. C’è poi un albero nel giardino da cui l’uomo e la donna debbono guardarsi. Quell’albero indica il limite dell’uomo. Non può oltrepassarlo. L’uomo e la donna non sono creatori. Quell’albero rappresenta la tentazione più pericolosa, quella che spinge l’uomo a diventare come Dio, padrone di sé e degli altri.


Salmo Responsoriale

Dal Sal 103(104)

R. Benedici il Signore, anima mia!

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto. R.

Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni. R.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra. R.


Vangelo Mc 7,14-23 | Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: "Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro". Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: "Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?". Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: "Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo".