Lettura Eb 4,1-5.11 | Dovremmo dunque avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto: Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo! Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere. E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo! Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Ebrei 4,1-5.11 | La tentazione dei cristiani, da cui l’autore della Lettera vuole mettere in guardia, è analoga a quella che ebbero gli israeliti giunti alle porte di Canaan, ossia restare indietro e non entrare nella terra promessa, insomma ritirarsi davanti all’amore di Dio, non lasciarsi coinvolgere dal suo abbraccio. Eppure è proprio questa la buona notizia che il Signore è venuto a dare all’umanità. E nel nuovo tempo iniziato da Gesù tutto questo è ancor più chiaro: egli è venuto sulla terra per amarci. Non solo non ci toglie nulla, ci dona tutto. Anche lui, potremmo dire, non “resta indietro”, addirittura è sceso in basso sino a offrire la sua stessa vita per noi. Siamo noi, invece, a essere tentati di non «entrare nel suo riposo». Tante volte abbiamo paura di lasciarci abbracciare dal Signore, di lasciarci amare da lui, preferendo la tristezza del restare da soli. L’autore chiama “disobbedienza” questo atteggiamento che ci porta a preferire noi stessi piuttosto che il riposo propostoci da Dio. È saggio riconoscere la paura che abbiamo di lasciarci ristorare dalla Parola e dalla misericordia di Dio. Per questo Gesù ci viene incontro e ci dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Il “riposo”, il ristoro che ci viene proposto, è l’abbraccio di amore di Dio che sperimentiamo in quello materno della Chiesa, comunità dei credenti. La Parola che ci viene rivolta ogni giorno mentre il Signore ci abbraccia e lenisce le ferite del cuore, dona pace e fa crescere nella carità e nella gioia. La Chiesa, la comunità dei fratelli e delle sorelle, vive già da ora il giorno del “riposo”, il “settimo giorno”, quello che vede Dio regnare con amore su tutti. L’autore ha ragione ad esortare i credenti perché entrino in fretta nel tempo e nel luogo del riposo: «Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza». Il “riposo” è la dimora di Dio in cui i cristiani sono invitati a entrare: è il dono che riceviamo divenendo figli amati e custoditi dalla comunità cristiana. In essa siamo nutriti dalla Parola, guidati all’amore dei fratelli, esortati alla carità verso i poveri e invitati alla edificazione della pace. La Parola di Dio, infatti, nutre con un cibo sempre nuovo, adatto a ogni età spirituale, e sostiene i credenti perché sappiano sradicare il male ed edificare il bene.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 77(78)
R. Proclameremo le tue opere, Signore.
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore. R.
Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,
perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma custodiscano i suoi comandi. R.
Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio. R.
Vangelo Mc 2,1-12 | Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: 'Figlio, ti sono perdonati i peccati'. Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 'Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?'. E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: 'Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua'. Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: 'Non abbiamo mai visto nulla di simile!