XXV del tempo ordinario
XXV del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura Am 8,4-7 | Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: "Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l'efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano". Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: "Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere".


Salmo Responsoriale

Dal Sal 112(113)

R. Benedetto il Signore che rialza il povero.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R.
 
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R.
 
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. R


Seconda Lettura 1Tm 2,1-8 | Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità. Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche.


Vangelo Lc 16,1-13 | Diceva anche ai discepoli: "Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua". Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza".


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Am 8,4-7; Sal 113 (112); 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13 | Il Vangelo di Luca, che continua ad accompagnarci in queste domeniche, ci apre al capitolo 16 ove l’evangelista riporta alcune parabole rivolte non ai farisei, come nel capitolo 15, ma ai discepoli. La parabola che oggi abbiamo ascoltato ci parla di un amministratore che viene accusato davanti al padrone di una cattiva amministrazione. Quando il padrone lo chiama l’amministratore non tenta nessuna difesa. Sa bene che è colpevole di una cattiva gestione. Lo scandalo è noto a tutti. Ma di fronte al triste destino che lo aspetta, non si rassegna. E’ giustamente preoccupato per il futuro: “Che cosa farò? Zappare non ne ho la forza; mendicare mi vergogno”. Decide quindi di cercare una via di salvezza, subito, senza perdere tempo, sottolinea l’evangelista, prima che venga licenziato. Chiama i debitori del padrone e compie un’ulteriore truffa: a ciascuno defalca le somme dei loro debiti verso il padrone. E’ un paino certo azzardato ma efficace per “salvarsi”, per di evitare una dura condizione di vita. L’operazione gli riesce. E l’evangelista, con sorpresa, ma è evidente la paradossalità del ragionamento, nota: “Il padrone lodò l’amministratore iniquo perché aveva agito saggiamente”. E’ ovvio che non si loda la condotta corrotta dell’amministratore, che viene posto tra i “figli di questo mondo” e non tra i “figli della luce” che, tuttavia, nel contesto della parabola sono tacciati di pigrizia, di rassegnazione. Al contrario è l’audacia e la furbizia dell’amministratore infedele nel cercare di salvarsi, ciò che Gesù vuole sottolineare, anzi proporre come comportamento per i discepoli.

Molti commentatori hanno trovato problematica l’interpretazione di questa pagina sino al punto che alcuni hanno ipotizzato correzioni al testo evangelico ritenendo impossibile l’elogio del comportamento dell’amministratore infedele. Eppure, care sorelle e cari fratelli, in essa troviamo insegnamenti preziosi anche per noi. La vicenda dell’amministratore infedele non ci è del tutto estranea, nonostante la sua paradossalità. Lui sa bene di essere stato infedele, tanto che non prova neppure a giustificarsi. Riconosce, di fatto, i propri errori e le proprie inadempienze. Sa insomma che non è a posto. E che si merita il licenziamento. Ma se guardiamo noi stessi, care sorelle cari fratelli, chi di noi può dirsi a posto davanti al Signore? Chi di noi può dire di aver amministrato sino in fondo il Vangelo dell’amore che ci è stato consegnato? Chi di noi non ha sperperato quel patrimonio che ci è stato consegnato perché servisse per il bene di tutti? Gesù conosce le nostre inadempienze, i nostri egocentrismi, il nostro peccato.

Ma – con le parole paradossali riportate in questa pagina evangelica - Gesù vuole spingerci a non lasciarci bloccare dalle nostre inadempienze, dai nostri limiti, dai nostri egocentrismi, dai nostri peccati. E ci invita ad essere saggi, scaltri, fino all’eccesso, per raggiungere la salvezza. Anzi a non tardare. L’evangelista dice che quell’amministratore non perse tempo dopo l’avviso di licenziamento a chiamare i debitori e scalare loro il debito. E’ questa fretta e questa scaltrezza che il Signore loda. E ci indica anche la via quando dice: “Io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne”.

La tradizione dei Padri legge queste parole come l’esortazione ai discepoli perché si impegnino in ogni modo nel servire i poveri. Anzi a procurarseli come amici. Saranno loro, infatti, ad “accoglierci nelle dimore eterne”. E’ questa la scaltrezza che Gesù chiede ai discepoli, anche se sono stati cattivi amministratori. Gli antichi Padri affermavano che l’elemosina ai poveri perdonava i peccati. Per chi vive nella Comunità di sant’Egidio, queste parole segnano la vita di ogni giorno. Potremmo dire che la storia stessa della Comunità è la storia di questa scaltrezza per amare i poveri, per adoperarsi in ogni modo per servirli e amarli. Questo legame che porta sino al cielo. E’ una via che percorriamo assieme a tanti divenuti amici dei poveri. Una via da percorrere con maggiore generosità in questo tempo che vede crescere indifferenza verso i deboli e rassegnazione per un mondo sempre più chiuso nei propri limitati orizzonti. Questa via dona un gusto nuovo nella vita e trasforma la storia del mondo. Il Signore ci aiuti ad affrettare i nostri passi su questa via con l’audacia e la scaltrezza di quell’amministrazione per poter affrettare la pienezza del Regno dei cieli.